Dalla parte di lei

I suoi consigli sono pieni di saggezza. Ma tutti sembrano escludere quel briciolo di follia che pur rende sopportabile la vita, e anzi ne costituisce la felicità.

(ELISABETTA. ROMA)

Io credo che bisognerebbe, innanzi tutto, intendersi sul significato della parola follia. Vediamo dunque: il Tommaseo dice che follia «è l’azione che manifesta mancanza di senno».

La mancanza di  senno non può dare felicità: poiché vuol dire anche mancanza di coscienza intesa in senso di consapevolezza e la felicità è appunto consapevolezza di godere qualcosa che ci procura gioia. Io credo, perciò, che quella che lei chiama follia è ciò che io chiamo coraggio. Infatti, molte persone non hanno coraggio di affermare alcune idee in cui credono, ma che sono tradizionalmente condannate, o di superare convenzioni di cui sono schiavi, anche se le disapprovano. E per godere, senza rimorsi, della felicità che quell’affermazione o quel superamento procura loro, asseriscono di essere vittime di un momento di follia. Come il bambino che ha disubbidito tenta di evitare la punizione dicendo: «Non ero io: era il diavolo». Nei paesi anglosassoni molti uomini ricorrono all’alcool quando vogliono … correre la cavallina; il giorno seguente si scusano col dire: «Avevo bevuto», cioè: «ero privo della coscienza», poiché l’educazione puritana vieta loro di ammettere che hanno ceduto a impulsi che sono, invece, naturali: di conseguenza fingono anche di ignorare che hanno consapevolmente deliberato di bere appunto per perdere la coscienza. Nello stesso equivoco cade anche, mettiamo, I’industriale che, decidendo di non andare in ufficio per un giorno, crede di fare una follia, mentre ubbidisce a un legittimo desiderio di riposo. Allo stesso modo si dice che qualcuno è «follemente innamorato», quando si dovrebbe dire che è saviamente innamorato. Poiché è savio chi, amando, all’amore si dedica con fervore. Sicché quando io ripeto ai miei lettori che bisogna vivere consapevolmente, cioè chiarire le proprie idee e avere la forza di affermarle, li invito proprio a sostituire la vaga e spesso ipocrita parola follia, con le parole coraggio, coscienza, diritto. Infatti la possibilità che ha uno scrittore di saper definire sentimenti e stati d’animo, deriva anche dalla capacità che egli ha di chiamarli col loro nome, perché usa un linguaggio appropriato e perché soprattutto ha il coraggio di usarlo.

Alba de Cèspedes Epoca 1952

 

 

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