Nei primi anni ’50 del secolo scorso i viaggi spaziali cominciano a diventare una possibilità reale, dopo oltre un secolo di fantascienza. Uno dei pionieri di questa nuova frontiera è Wernher von Braun, padre della missilistica, lo scienziato tedesco che durante la guerra costruì i temibili missili V2, le armi segrete dei nazisti. Dopo la guerra, trasferitosi negli Usa, Von Braun fu uno dei principali artefici del successo della NASA, comprese le missioni Apollo sulla Luna. Ecco come immaginava, nel 1954, un viaggio su Marte. L’articolo fu pubblicato sul numero di aprile di Collier’s, una rivista specializzata.
I primi uomini che si prepareranno al grande viaggio su Marte faranno bene a non lasciare in sospeso nessuno dei loro affari: prima che essi possano ritornare alla Terra infatti trascorreranno più di due anni e mezzo. Le difficoltà del lunghissimo balzo interplanetario sono davvero formidabili. Il percorso, seguendo un arco lungo 355 milioni di miglia, sarà compiuto in otto mesi circa anche con l’impiego di astronavi a reazione capaci di viaggiare nello spazio alla velocità di parecchie migliaia di miglia all’ora. Per più di un anno gli esploratori dovranno vivere sul rosso pianeta in attesa che esso nuovamente si trovi nella più favorevole posizione per permettere il ritorno. Altri otto mesi dovranno trascorrere, prima che i settanta membri della spedizione possano nuovamente mettere piede sulla Terra. Durante tutto questo tempo essi saranno esposti a una moltitudine di pericoli ed attacchi, molti dei quali è impossibile prevedere sulla base delle attuali conoscenze.
Potrà mai l’uomo raggiungere Marte? lo sono sicuro che lo potrà, ma è indubbio che prima ch’egli sia pronto dovrà trascorrere un secolo ancora e forse più. Da qui ad allora scienziati e ingegneri avranno modo d’imparare ancor di più di quel che non sappiano, circa le difficoltà fisiche e dinamiche da superarsi in un volo interplanetario, e i pericoli sconosciuti della vita su un altro pianeta. Alcune di queste conoscenze potranno essere acquisite nel giro dei prossimi 25 anni per mezzo della costruzione di una stazione spaziale rotante attorno alla Terra (dove l’osservazione telescopica non sarà minimamente impedita dall’atmosfera terrestre), e la susseguente esplorazione della Luna. Anche ai nostri giorni la scienza può elencare i requisiti tecnici di una spedizione su Marte fin nei minimi dettagli. La nostra conoscenza delle leggi che governano il sistema solare – così precisa che gli astronomi possono predire un’eclisse solare fino a una frazione di secondo – permette agli scienziati di determinare con rigorosa esattezza la velocità che una nave spaziale deve raggiungere nel suo volo sul nostro prossimo pianeta, la traiettoria che ne intercetterà l’orbita e l’istante stesso dell’incontro, i metodi d’atterraggio, di partenza e di manovra, Come conseguenza di questi calcoli sappiamo d’avere carburanti chimici adeguati a simile impresa. Indubbiamente nei prossimi cento anni saremo capaci di scoprire propellenti migliori. Il progresso scientifico farà quindi senza dubbio superare alcuni concetti costruttivi sui quali questo articolo, con la serie delle sue illustrazioni, è basato. Comunque è possibile discutere i problemi di un volo su Marte sulla base delle nostre odierne conoscenze. Possiamo presumere per esempio che tale spedizione possa essere condotta a buon fine da 70 uomini tra scienziati e pionieri. Sarà necessario perciò predisporre una flottiglia di 10 navi astrali di notevoli proporzioni, capaci ciascuna di trasportare più di quattromila tonnellate di materiali, non soltanto perché v’è maggior possibilità di salvezza nel numero, ma per le notevoli quantità di carburante, equipaggiamento scientifico, cibo conservato, ossigeno, acqua e altro, il tutto necessario per il viaggio e per la permanenza di circa 31 mesi lontano dalla Terra. Tutte le necessità materiali d’una simile impresa possono essere scientificamente prevedute.
Purtroppo però la scienza non può con altrettanta certezza prevedere quali saranno le reazioni del corpo umano: l’uomo è la vera quantità ignota, il punto debole di tutto il progetto, ciò che allontana la spedizione a un futuro remoto. I 70 esploratori dovranno sopportare pericoli e fatiche finora mai sopportati dall’uomo nella sua storia. Molte difficoltà dovranno essere appianate o almeno previste prima che il viaggio possa divenire effettuabile. Per mesi, a esempio, per un lungo tratto del volo, i membri della spedizione non avranno alcun peso. Può il corpo umano sopportare per lungo tempo d’essere senza gravità alcuna? Gli equipaggi delle navi spaziali che faranno la spola tra la Terra e la stazione spaziale – base di futuri più lunghi voli, posta a mille miglia di distanza – si abitueranno in breve all’assenza di gravità, ma essi non esperimenteranno questa sconcertante sensazione che per poche ore ogni volta; una assoluta mancanza di peso, prolungata nel tempo, può rivelarsi cosa del tutto diversa. Un periodo di mesi nello spazio vuoto può fiaccare i muscoli, abituati di solito agli sforzi cui la gravitazione li sottopone, in modo considerevole, proprio come avviene per i muscoli delle persone costrette a letto da gravi malattie o che siano state per lungo tempo ingessate per fratture o lesioni. I membri della spedizione su Marte da un indebolimento di tal genere potrebbero essere gravemente handicappati. Il rigoroso e severo programma di lavoro che li attende sul pianeta inesplorato esige ch’essi siano forti e pronti al momento dell’arrivo. Il problema deve essere risolto a bordo dei veicoli spaziali e qualche elaborato genere di ginnastica meccanica potrebbe esserne una risposta. Si potrebbe anche determinare sinteticamente la gravità sulle navi spaziali costruendole in modo ch’esse roteino durante il volo siderale creando così sufficiente forza centrifuga capace di sostituire la gravità. Un pericolo di gran lunga maggiore a quello dell’atrofizzazione dei muscoli è l’offesa che può provenire dai raggi cosmici; una dose eccessiva di tali particelle atomiche, che sono capaci di penetrare profondamente ovunque e che agiscono come le invisibili radiazioni provenienti dallo scoppio di una bomba atomica, può causare cecità completa, danneggiare gravemente le cellule e con ogni probabilità essere apportatrice di cancro. Gli scienziati hanno misurato l’intensità delle radiazioni cosmiche nei pressi della Terra. Essi, notando che i raggi si disperdono quasi del tutto nella nostra atmosfera, sono giunti alla conclusione che l’uomo può con tutta sicurezza avventurarsi sino alla Luna senza correre il rischio d’essere colpito da eccessive radiazioni. il viaggio alla Luna però, paragonato a quello su Marte, è brevissimo: cosa può accadere agli uomini che vengano esposti alle radiazioni cosmiche per mesi interi? Praticamente non v’è materiale alcuno che offra protezione efficiente; gli ingegneri spaziali potrebbero frapporre una barriera al pericolo costruendo le pareti delle cabine dello spessore di parecchi piedi, ma ciò significherebbe aggiungere centinaia di tonnellate alla già pesante aeronave. Un progetto più realistico sarebbe quello che considerasse la possibilità di circondare le cabine con serbatoi di carburante, aggiungendo così tre o quattro piedi di spessore liquido a salvaguardia dell’equipaggio. Può anche darsi che quando la spedizione sarà pronta, certo dopo il duemila, nel campo della medicina si sia prodotta una droga capace di far sopportare agli uomini le radiazioni cosmiche per lunghi periodi. In ogni caso prima ancora che si compia la spedizione, razzi teleguidati muniti di strumenti sensibilissimi, raggiungeranno Marte per ritornarne con tutte quelle informazioni che possano chiarire alcuni misteri sul viaggio da compiere.
Le meteore, per esempio: numerosi bilioni di piccoli proiettili, quasi tutti non più grandi di un granello di sabbia, sfreccianti nello spazio a velocità superiore alle 150 mila miglia orarie. Per voli spaziali brevi le astronavi potrebbero essere protette dall’attacco di questi straordinariamente veloci corpuscoli ricoprendo tutte le aree vitali, depositi di carburante, motori a reazione, cabine passeggeri con metallo leggero speciale. Le meteore esploderebbero contro questo metallo antiproietto lasciando la sottostante rivestitura dell’aeronave e gli occupanti indenni. In sedici mesi di viaggio spaziale però, quanti cioè ne occorrono per giungere a Marte si possono incontrare proiettili ancor più grandi. Gli scienziati sanno che la probabilità d’incontrare grosse meteore è maggiore presso il rosso pianeta che attorno alla Terra. Se per un caso qualsiasi una meteora grande quanto una palla da baseball dovesse forare il rivestimento di un astrorazzo i danni che ne deriverebbero sarebbero terribili: un corpo qualsiasi di quelle dimensioni attraversante lo spazio a velocità tanto terrificante esploderebbe con forza inimmaginabile e la cabina del veicolo spaziale sarebbe sconvolta da una totale distruzione. Per fortuna meteore così grosse sono estremamente rare anche nei pressi di Marte.
Sarà più facile invece incontrare meteore della grossezza di una monetina. Esse con tutta facilità attraverserebbero i rivestimenti dell’aeronave esplodendo nell’urto con qualche corpo solido: se non incontrassero invece alcun ostacolo, passerebbero da parte a parte il razzo causando notevoli danni anche in quest’ultimo caso. I fori devono essere subito chiusi perché sia tenuta costantemente la pressione nella cabina; gli occupanti potrebbero essere colpiti da choc per l’estrema velocità della meteora: nell’interno dell’astrorazzo si verificherebbe un lampo accecante, mentre la frizione determinata dal passaggio del corpo estraneo nell’atmosfera della cabina produrrebbe un calore così intenso da bruciare le ciglia di un uomo poco lontano. Senza contare che qualsiasi persona si trovasse giusto sulla traiettoria della meteora sarebbe senza dubbio gravissimamente ferita. I pezzi più fragili di macchinario possono in casi simili andare distrutti e non è da escludere che l’intera aeronave debba essere abbandonata. Una simile eventualità non sarebbe però fatale poiché un veicolo spaziale gravemente danneggiato può essere abbandonato abbastanza facilmente; tutti i razzi saranno dotati di piccoli velivoli a propulsione autonoma – veri tassì spazi ali di facile costruzione e manovrabilità. Normalmente essi saranno adibiti a mantenere il contatto durante il viaggio tra le varie aeronavi del convoglio mentre potranno egregiamente servire in caso di emergenza. Se per una ragione qualsiasi questi mezzi non potessero essere impiegati, per la vastità delle distruzioni nell’aeronave, gli occupanti potrebbero sempre abbandonare quest’ultima, con indosso speciali scafandri pressurizzati impiegando speciali fucili razzo per avvicinarsi alla più vicina astronave del convoglio. Gli esploratori chiusi nei loro scafandri non avranno nessuna difficoltà a muoversi da nave a nave non essendoci aria ad impedire il loro moto, né spinta gravitazionale alcuna, né sensazione di velocità: essi non dovranno che superare la propria inerzia. Chi viaggia per il sistema solare a una velocità superiore alle 70 mila miglia orarie non s’accorge del fatto più di quanto potrebbe accorgersi un uomo sulla Terra che ogni molecola del suo corpo si muove alla velocità di 66.600 miglia all’ora attorno al sole. La scienza risolverà tutti i problemi relativi ai raggi cosmici, alle meteore e a tutti gli altri fenomeni naturali dello spazio: con tutto ciò è necessario ripetere che una grande incognita sta di fronte all’uomo: se stesso. Egli deve respirare, deve difendersi da una grande varietà di malattie, deve alimentarsi e proteggersi da possibili deviazioni psicologiche, alcune delle quali ancora oscure. Come potrà la scienza provvedere di una atmosfera sintetica le cabine delle astronavi e la zona d’atterraggio per due anni e mezzo? Quando alcuni uomini sono rinchiusi in un’area ben delimitata, e solo per pochi giorni o settimane, l’ossigeno’ può essere sostituito e l’acido carbonico e le altre impurità eliminati senza difficoltà. Gli ingegneri di sottomarini hanno trovato soluzioni a questo problema già da lungo tempo; ma i sottomarini tradizionali dopo brevi immersioni ritornano nuovamente all’aria libera mentre nello spazio e su Marte non si troverà in alcun modo aria respirabile; gli uomini in visita al rosso pianeta dovranno portarsi con sé ossigeno sufficiente per parecchi mesi. Durante tutto il tempo della spedizione essi vivranno, lavoreranno, nei limitati confini di una cabina aerea o nei trattori pressurizzati che trasporteranno su Marte. Anche se l’ossigenazione sarà abbondante, l’atmosfera in questi quartieri abitabili sarà comunque di difficile respirazione. Tutte le funzioni relative alla vita, per esempio quella della cucina, non faranno che apportare nuovi veleni nell’aria sintetica. Non meno di agenti tossici sono generati giornalmente in una delle nostre abitazioni in funzione; pensate che il solo atto di friggere un uovo produce un potentissimo irritante, l’acroleina. Il suo effetto sulla Terra è del tutto irrilevante perché essa viene immediatamente dissipata nell’aria. Pure una microscopica quantità di acroleina nei quartieri personali di una spedizione su Marte potrebbe dimostrarsi pericolosissima. Se non si trova infatti un sistema .per eliminarla dall’atmosfera, essa continuerebbe a circolare attraverso le apparecchiature di condizionamento. Senza contare che ai veleni prodotti dalla cucina e da altre cause secondarie, vanno aggiunti quelli provenienti dall’equipaggiamento ingegneristico – lubrificanti, fluidi idraulici, materie plastiche capaci di contaminare in breve l’atmosfera. Cosa può essere fatto per risolvere un problema di tanta importanza? Attualmente nessuno può dare una risposta a simile interrogativo, ma non v’è dubbio che l’impiego di filtri chimici applicati all’apparato condizionatore, possa riuscire a mantenere pura l’atmosfera sintetica. Questo per quel che riguarda uno dei tanti problemi fisici da superare, ma vi sono quelli psicologici da tenere pure in gran conto. Può un uomo mantenere il suo perfetto equilibrio psichico dopo essere restato inscatolato per più di trenta mesi in un’affollata cabina? Essere chiusi in breve spazio in compagnia di numerosi altri uomini ed essere completamente tagliati fuori dal mondo esterno può essere causa di grave irritazione; dopo pochi mesi la tensione è tanto notevole da provocare casi di pazzia. Immaginatevi chiusi in una nave spaziale a una distanza di milioni di miglia dalla Terra. Siete costretti a vedere la stessa gente tutti i giorni; la Terra, con tutti i significati che essa ha per voi, non è niente altro che una stella brillante nel cielo; non siete nemmeno sicuri di poterci tornare. Ogni rumore che riguardi l’astronave vi suggerisce l’idea d’un disastro, ogni colpo esterno l’urto con una meteora. Il problema psicologico sarà particolarmente difficile durante i primi due mesi di volo: ciò non significa che una volta giunti su Marte tutto si appiani; l’isolamento sarà totale, lo scenario grigio e monotono, la presenza del pericolo, proveniente da chissà quale oscura fonte, costante. Gli equipaggi di Cristoforo Colombo in navigazione verso l’America si trovarono a dover affrontare una situazione identica a quella che dovrà essere affrontata dagli esploratori di Marte: i marinai del XIV. secolo superarono brillantemente la tensione psicologica e nessuno d’essi impazzì, ma Colombo viaggiò per sole 10 settimane per raggiungere l’America; nessuno dei suoi uomini avrebbe resistito a un viaggio di 8 mesi. È certo perciò che gli psicologi studieranno accuratamente il modo di sostenere il morale dei pionieri. La flotta sarà in costante comunicazione radio con la Terra: è da escludere che ci possa essere contatto televisivo data la grande distanza. I radioprogrammi saranno specialmente dedicati ai volatori, e controllati dalla censura: non è possibile sapere, tanto per dire, quale reazione può provocare in un uomo la notizia che la sua città è il centro di un’inondazione. Si predisporranno proiezioni cinematografiche, e materiale di lettura sarà portato a bordo in forma di microfilm per non occupare troppo spazio. Non resterà insomma intentato nulla che possa tenere alto il morale degli equipaggi e rendere meno monotona la loro vita. Si potrà forse ricorrere anche ad un metodo apparentemente del tutto fantastico, ma che è necessario menzionare perché gli esperimenti ne hanno mostrato la possibilità pratica d’applicazione. I membri di una spedizione su Marte, esenti da qualsiasi genere di lavoro durante il viaggio, potrebbero essere messi in letargo. Dottori francesi sono riusciti a provocare su certi pazienti una specie di letargo artificiale in occasione di difficili interventi chirurgici. Il processo involve un abbassamento della temperatura del corpo e una susseguente diminuzione di tutte le attività fisiche. Una procedura parallela, in connessione con una spedizione su Marte e per un lungo periodo, risolverebbe molti problemi psicologici, senza contare il risparmio di cibo durante il viaggio e le superbe condizioni fisiche in cui si verrebbero a trovare gli esploratori al momento dell’atterraggio. Certo se il volo dovesse attuarsi nei prossimi 10 o 15 anni nessuno prenderà in seria considerazione quest’ultima soluzione come possibile. Ma noi stiamo parlando di un viaggio da farsi tra 100 anni e io son convinto che se gli esperimenti francesi daranno buoni frutti, si ricorrerà senz’altro all’ibernazione artificiale. Inoltre, ultimamente, gli scienziati hanno intravisto la possibilità di produrre un nuovo tipo di carburante, il cui impiego si rivelerebbe utilissimo, così economico e potente da rendere possibili velocità maggiori. Il suo impiego abbrevierebbe notevolmente la traversata e naturalmente tutti i pericoli psicologici e fisici relativi.
Ad ogni buon conto i membri della spedizione saranno selezionati con grandissima cura. Gli scienziati stimano che solo una persona su seimila possa essere qualificata fisicamente, mentalmente ed emotivamente alla dura prova. E poi, avranno i settanta uomini della spedizione, oltre le necessarie qualità fisiche, una sufficiente preparazione scientifica per l’esplorazione del pianeta? lo ritengo di sì: e un bel giorno, tra un secolo, anno più anno meno, una flotta di astronavi salperà in direzione di Marte: ne basteranno dieci, lanciate da un’orbita posta a circa mille miglia nello spazio e fasciante il nostro globo all’altezza dell’equatore. (Staccarsi direttamente dalla Terra richiederebbe una spinta d’avvio enorme, mentre partire da un’orbita lontana mille miglia, fuori dal campo d’attrazione gravitazionale terrestre significherebbe risparmiare notevoli, preziosissime quantità di carburante). Le astronavi destinate a Marte, radunate nell’orbita fissata, saranno dotate di complessi apparati propellenti e di grandi cabine passeggeri: tre d’esse saranno munite di una prora particolarmente affusolata, e rimovibile; al momento opportuno a queste tre parti staccabili verranno applicate grandi ali speciali, dopo di che verranno lanciate su Marte quali unici velivoli destinati all’atterraggio. Ecco, le dieci astronavi sono a 5.700 miglia dalla Terra, tutti i motori vengono spenti perché da questo momento in avanti il viaggio continuerà senza bisogno di alcuna spinta meccanica.
Tra otto mesi nell’entrare nell’orbita di Marte a circa 600 miglia d’altezza sarà necessario regolare la velocità per evitare di essere lanciati nuovamente nello spazio vuoto. La spedizione si fermerà lungo quest’orbita invece di procedere direttamente sul pianeta per due ragioni: primo, le astronavi (escludendo le tre parti molto affusolate di cui abbiamo parlato più sopra) non saranno sufficientemente aerodinamiche per volare nell’atmosfera marziana; secondo, sarà molto più economico evitare di trasportare il carburante necessario al ritorno, in giù fino a Marte e poi di nuovo all’insù fino al limite gravitazionale di questo. Raggiunta l’orbita a 600 miglia di distanza e dopo alcune esplorazioni compiute nell’atmosfera marziana con razzi telecomandati il primo dei tre mezzi d’atterraggio sarà preparato: vi saranno saldate grandi ali e uno speciale carrello d’atterraggio dopo di che verrà lanciato verso la superficie del pianeta sottostante.
Si toccherà Marte sulla cappa polare completamente coperta di neve, unico punto ove ci sia probabilità ragionevole di incontrare una superficie del tutto piatta. Una volta a terra i pionieri sbarcheranno tutto il materiale e si installeranno nelle cabine a forma sferica di speciali trattori per il viaggio di 4.000 miglia via terra, verso l’equatore marziano. Là giunti costruiranno la base principale della spedizione e predisporranno un campo d’atterraggio per gli altri due veicoli spaziali. (Il primo mezzo d’atterraggio sarà abbandonato al polo). In tutto la spedizione resterà sul pianeta 15 mesi. Si tratta di un periodo lungo, ma certamente troppo breve perché possa chiarire tutti i quesiti che la scienza si pone. Quando nuovamente la Terra e Marte cominceranno ad avvicinarsi nel cielo, i due apparecchi atterrati all’equatore verranno sollevati in posizione verticale e, questa volta senza ali e senza carrelli, saranno lanciati verso l’orbita a 600 miglia da Marte, primo passo sulla via del ritorno. Quali curiose informazioni ci riporteranno da Marte questi primi esploratori? Nessuno lo sa ed è molto dubbio che qualcuno attualmente in vita lo possa mai sapere. Ciò che oggi è certo, è che il viaggio può essere compiuto e sarà compiuto… una volta o l’altra. (Wernher von Braun – Cornelius Ryan)