Il sito Petitesondes.net ha iniziato da qualche settimana la pubblicazione degli articoli del settimanale Epoca relativi alla cosiddetta “corsa allo spazio”: la folle gara che coinvolse le due superpotenze mondiali (Usa e Urss) in una sfida tecnologica unica nella storia. La posta in palio era il dominio delle orbite terrestri, il trofeo la stessa Luna. Sappiamo chi alla fine vinse quella gara, non sappiamo a quale prezzo. La missione Apollo 11 mise tutti a tacere nel luglio del 1969, mostrandoci impronte di scarponi americani sulla sottile polvere lunare.
Ma ci fu un periodo in cui a vincere erano i russi, con la loro tecnologia forse un po’ goffa e misteriosa, e con la cattiva stampa che li accompagnava da noi in Occidente: erano i Comunisti, erano il Pericolo, erano il Nemico del Mondo Libero. Ma quando il loro piccolo Sputnik cominciò a girare intorno alla Terra col suo bip-bip che i radioamatori ricevevano con grande emozione, e quando pochi anni dopo fu la volta del primo astronauta Yuri Gagarin, allora si stette tutti col naso per aria, e il giovane cosmonauta divenne un eroe, tanto da far nascere migliaia e migliaia di piccoli Yuri nelle famiglie di tutto il mondo. Era la primavera del 1961.
Yuri Gagarin era l’uomo dai nervi d’acciaio, quello che la notte prima della missione dormì saporitamente, che aveva 60 pulsazioni al minuto anche al decollo, l’uomo in grado di mantenere il controllo in qualunque situazione. Per questo, quando pochi anni dopo (era sempre primavera, ma del 1968) precipitò con il suo MIG-15 in un banale volo di addestramento, vollero trasformare anche quell’impresa in un gesto eroico, raccontando che il pilota Gagarin non aveva voluto abbandonare il jet che precipitava per essere certo che non piombasse su un centro abitato. E le foto che campeggiavano sui giornali erano quelle della moglie e delle figlie, avvolte nel dolore consapevole e dignitoso delle mogli e figlie dei soldati morti per difendere la patria. Un dolore che assolve, non condanna.
Tutti ancora ricordano Yuri Gagarin cosmonauta ventisettenne che dice alla radio: “da quassù la Terra è bellissima senza frontiere né confini”. Ma mai come in quel momento il mondo era diviso, e i confini erano invalicabili. Vi offriamo (grazie a PetitesOndes) l’articolo che apparve su Epoca in occasione della sciagura aerea. (L. M.)