Il mondo dell’editoria, lo sappiamo bene, è in mano alle grosse case editrici. E’ inutile fare nomi, le conosciamo tutti. Alcune stampano libri e giornali, o opere musicali, altre possiedono anche televisioni, catene di negozi e agenzie pubblicitarie. Non si scappa: se vuoi vendere libri nel vero senso della parola devi passare da una di queste. Qui si intende migliaia, decine di migliaia o più, di copie. Sotto le mille si dice: “questo libro non ha mercato”, e lo si lascia perdere.
Al di sotto di questo Olimpo esistono i piccoli editori, più o meno emergenti, più o meno fortunati. Fanno le loro indagini di mercato, scovano autori e nicchie di interesse, stampano, vendono, sopravvivono. Spesso vivono di finanziamenti e sovvenzioni pubbliche, perché si sa, “il libro non si vende”, “l’editoria va sostenuta”. Non scendiamo nel sistema delle sovvenzioni per l’editoria, che spesso producono tonnellate di carta da macero, magari ottimi libri che avrebbero diritto a una buona distribuzione ma che nessuno si prende la briga di distribuire, tanto è già pagato all’origine dall’Ente di turno.
In attesa del finanziamento a fondo perduto, uno può cercare di vivere stampando e vendendo, in piccola tiratura, libri che abbiano un certo interesse per alcune categorie di persone. Magari anche ristampe di particolari settori della letteratura, libri di viaggi, scientifici, romantici, libri di ricette, manuali di bon ton. In questi casi è piacevole, per il lettore, poter avere tra le mani una copia fedele della stampa originale, con i suoi refusi, con l’impaginazione e la scelta del carattere, i segni del tempo eccetera. Immagino che molti bibliofili sappiano di cosa si parla, per esempio l’edizione del 1840 dei Promessi Sposi con le incisioni di Gonin, o la Gerusalemme liberata con le cornici fiorite in ogni pagina e le illustrazioni di Piazzetta.
La domanda è: posso dedicarmi alla ristampa totale o parziale di uno di questi testi, ammesso che sia di qualche interesse per qualcuno? Cosa c’entra il diritto d’autore con la riproduzione di un libro a stampa di centocinquant’anni fa? E se la casa editrice di cento anni fa è ancora viva e attiva, devo chiedere il permesso all’editore? E agli eredi dell’autore?
Bene. Se mi pongo tutte queste domande, e se poi magari le pongo a un avvocato, ecco la risposta (la media di quattro avvocati che ho consultato): “Mmmh, dovrei informarmi bene sul caso in fattispecie, comunque, se vuoi un consiglio, meglio non avventurarsi in queste cose: si rischia di trovarsi addosso gli avvocati del grande editore, che ti fanno causa per danni e ti rovinano per la vita”. E continua (sempre in media): “comunque, facciamo così: mi studio il caso e poi ti faccio sapere”. Dopodiché sparisce per sempre, confidando nel fatto che il consiglio sia stato sufficiente a farti desistere.
A questo punto non resta che abbandonare il progetto, oppure studiare la legislazione vigente per scoprire quali sono i diritti di tutti: autori e loro eredi, editori vecchi, editori nuovi, stampatori occasionali. Cosa che ho fatto.
Il cardine di tutta questa storia è la famosa legge sul Diritto d’Autore, la n. 633 del 22/04/1941 e successive modificazioni, che d’ora il poi chiamiamo LDA. Se la cerchi su internet, ne trovi parecchie versioni, riassunti, commenti e note. Il testo completo lo trovi per esempio qui, ma esordisce in questo modo, un po’ scoraggiante:
“NOTA. Di questa legge non esiste un testo consolidato ufficiale. Quello che segue è stato redatto da noi sulla base del testo in vigore prima delle modifiche del 2004, e tiene conto delle modifiche introdotte fino alla legge 9 gennaio 2008, N. 2.”
Insomma, il cardine stesso è un pochino incerto e non perfettamente conosciuto. Si tratta comunque della base, e da questa si parte.
Autore
Certe cose si trovano subito:
“Art. 25: I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.”
Ma attenzione, nel caso di opere colletive (es. enciclopedie):
“Art. 7: E’ considerato autore dell’opera collettiva chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa.” (quindi, in questo caso autore ed editore possono coincidere)
Questi articoli, e tanti altri, riguardano l’autore e il suo diritto inalienabile a proteggere l’opera del suo ingegno e i proventi che ne derivano, ed è doveroso, civile e lodevole, a parte il fatto che i settant’anni dalla morte possano sembrare un po’ troppi – in altre Nazioni il copyright dura per cinquant’anni, e basta e avanza. Provate a cercare gli eredi di un autore minore morto nel 1945 per chiedere una liberatoria: si fa prima a ripubblicarlo senza tante storie mettendo questa clausola nel colophon:
“L’editore è disponibile ad assolvere i propri impegni nei confronti dei titolari di eventuali diritti sui testi pubblicati”
(visto spesso in alcune ristampe). Mettendo le mani avanti ci si fa meno male se si cade, almeno non si sbatte il naso.
Editore
Ma quali sono i diritti di quell’editore che nel 1945 pubblicò l’opera? Ecco un altro articolo dalla LDA:
“Art. 122: Il contratto di edizione può essere per edizione o a termine.
Il contratto per edizione conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro vent’anni dalla consegna del manoscritto completo. Nel contratto devono essere indicati il numero delle edizioni e il numero degli esemplari di ogni edizione. Possono tuttavia essere previste più ipotesi, sia nei riguardi del numero delle edizioni e del numero degli esemplari, sia nei riguardi del compenso relativo. […]
Il contratto di edizione a termine conferisce all’editore il diritto di eseguire quel numero di edizioni che stima necessario durante il termine, che non può eccedere venti anni, e per il numero minimo di esemplari per edizione, che deve essere indicato nel contratto, a pena di nullità del contratto medesimo. […]
In entrambe le forme di contratto l’editore è libero di distribuire le edizioni nel numero di ristampe che stimi conveniente.”
Quindi: vent’anni. Questo è il termine ultimo di validità di un contratto di edizione, se non è stato specificato un termine inferiore. Dopo i vent’anni gli unici aventi diritto sono l’autore (o gli autori) e gli eredi. Il nostro editore del 1945 ha perso ogni diritto già nel 1965. A meno che, ovviamente, non abbia rinnovato il contratto con l’autore. La qual cosa si vede facilmente, in quanto il contratto obbliga l’editore a stampare entro un certo tempo:
“Art. 127: La pubblicazione o la riproduzione dell’opera deve aver luogo entro il termine fissato dal contratto; tale termine non può essere superiore a due anni, decorrenti dal giorno della effettiva consegna all’editore dell’esemplare completo e definitivo dell’opera. […]
E’ nullo ogni patto che contenga rinuncia alla fissazione di un termine o che contenga fissazione di un termine superiore al termine massimo sopra stabilito”.
Quindi, se il nostro autore è morto nel 1945 e non esistono ristampe recenti, è impossibile che esista un contratto, diciamo così, nascosto in un cassetto.
In questo caso siamo liberi di ristampare, magari mettendo le mani avanti con la clausola vista prima.
Elaborazioni di un’opera
“Art. 4: Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale”.
Questo articolo serve anche a tutelare i diritti del traduttore di un’opera, che in pratica viene assimilato allo stesso autore. Dunque, se traduco dall’inglese un lavoro di Shakespeare, divento proprietario dei diritti d‘autore su quella particolare elaborazione dell’opera, e i miei eredi fino a settant’anni dopo la mia morte. Anche qui, dunque, se vogliamo ristampare un’opera di un autore classico tradotta in italiano nel 1920, dovremmo rintracciare il traduttore e i suoi eredi, ed accertarci che non vi siano diritti ancora attivi. Oltre ovviamente chiedere che non vi siano contratti recenti (meno di vent’anni) tra gli aventi diritto e una casa editrice che abbia ristampato l’opera. Facile, no? Oppure, come sempre, inserire la clausola magica sulla disponibilità ad assolvere i propri doveri, nella speranza che nessuno si faccia vivo, o che almeno non sia uno squalo desideroso di sbranarci.
Questo per quanto riguarda la ristampa di un’opera molto datata. Nel caso di un libro recente, con autore ancora vivo o eredi facilmente rintracciabili, è tutto molto più facile. Basta ricordare che, a parte per un eventuale contratto di edizione ancora in corso, il nostro interlocutore non è la casa editrice, ma sempre e solo l’autore. E’ lui che può concedere, ritirare, modificare le autorizzazioni. Sentirete molti editori affermare il contrario, ma sono spesso semplici minacce, che non poggiano su alcun articolo di legge.
Tutto qui, ciò che il mio avvocato medio avrebbe dovuto dirmi.
Metto volentieri questi appunti a disposizione di chi cerca le risposte alle domande da cui siamo partiti, con l’avvertenza che si tratta di una lettura ingenua e sicuramente approssimativa, e che molto altro si può trovare in giurisprudenza, spiegato molto meglio (per esempio qui), con parole adatte: (es.: contratti sinallagmatici).
MisterX (misterx@xedizioni.it)