Nella primavera del 1940, pochi mesi prima che l’Italia intervenisse sciaguratamente nella seconda guerra Mondiale, si parlava di Pinocchio. Se ne parlava con una certa indignazione, dato che Walt Disney aveva preceduto tutti, compreso un gruppo di animatori italiani, creando il “suo” Pinocchio liberamente basato sul soggetto di Collodi, e disegnato come un piccolo pupazzo dalle linee morbide e aggraziate, ben lontano dall’immagine che se ne aveva avuto fino ad allora, e quel che è peggio, pure elegante, espressivo e ben vestito. Era questo che faceva indignare gli italiani, che questa immagine potesse cancellare la memoria e la fantasia del “vero” Pinocchio.
Ecco cosa ne dice la rivista “Sapere”, autorevole periodico di divulgazione (n. 11/1940):
“All’alba di quest’anno 1940, nel quale ricorrerà il cinquantenario della morte di Carlo Collodi, giungono in Italia i primi saggi del cartone animato che Walt Disney sta ultimando intorno a Pinocchio. Per quanto favorevole possa essere il giudizio sull’arte del cineasta d’oltre oceano, non vi sarà un solo italiano capace di frenare un senso di sorpresa e disappunto davanti alle sembianze attribuite al nostro Pinocchio. Egli stesso, vedendosi nel nuovo aspetto, invertirebbe certo la gioia conclusiva della sua vita libresca, per esclamare tristemente: Come son buffo, or che ritorno burattino!
Quali che siano le ragioni, se ragioni vi furono, pel mutamento, chi potrà far dimenticare a noi italiani quel caro nasone (« era un nasone spropositato, che pareva fatto apposta per esser acchiappato dai carabinieri», lo ricordate? E infatti « il carabiniere, senza punto muoversi lo acciuffò pulitamente per il naso ») che ha dato tanta serenità agli anni della nostra infanzia? E il bianco cappelluccio puntuto, e il vestitino di carta fiorita, e le scarpe di scorza d’albero, solo misero abbigliamento consentito alle povere tasche di Geppetto, sempre senza un quattrino?
Il Pinocchio di Disney è figlio per lo meno di un « re della pialla » che non ha bisogno di artifizi e di intraprendenze per vestire la sua prole. Non berrettini di midolla di pane, dunque; ma feltri morbidi e nastri di velluto: non carta sdruscita. ma panni ritorti; non scorze d’albero, ma scarpe scamosciate.
Probabilmente, il nuovo preteso Pinocchio sarà altrettanto lontano anche nello spirito dal nostro burattino, e sarebbe stato meglio forse che Disney, pur togliendo qualche spunto dal capolavoro collodiano. avesse attribuito al suo protagonista uno dei tanti nomi in « immy » o in « illy », di cui è ricchissima 1′ onomastica americana.”
Certo, l’Italia fascista ed arruffona non poteva nulla contro il colosso Disney, neppure denunciarlo per violazione del diritto d’autore, dato che i furbi americani avevano aspettato pulitamente i cinquant’anni dalla morte dell’autore per lavorare sul soggetto, e comunque si erano procurati tutte le licenze. Poterono solo millantare un “noi c’eravamo quasi”, riferendosi a un tentativo abortito pochi anni prima dalla giovane CAIR (Cartoni Animati Italiani Roma). Questa era stata incaricata di creare un lungometraggio proprio per contrastare lo strapotere straniero (eravamo in autarchia) ma dopo un inizio promettente era stata lasciata senza finanziamenti e con mezzi da dilettanti, come testimonierà Mameli Barbara, uno dei disegnatori:
“I registri per sovrapporre i disegni erano costituiti da due semplici pezzi di legno… i disegni venivano ripresi uno a uno da una comune macchina fotografica, in modo molto impreciso… Ogni tanto portavamo qualche minuto in pellicola ma ballava tutto.” (fonte Wikipedia)
Figuriamoci con questi mezzi costruire un film di 150.000 fotogrammi della durata di 100 minuti. Di quell’esperienza restano tanti disegni, in realtà molto belli e suggestivi, e il ricordo di tante polemiche e spinte volontaristiche.
Di fatto, nell’immaginario collettivo dei bambini di tutto il mondo, dal 1940 il personaggio Pinocchio è quello addolcito dai filtri politically correct dell’animazione made in Usa, dove tutti sono simpatici e nessuno muore, neppure il Grillo parlante, che anzi segue Pinocchio in tutte le sua avventure… (L.M.)
Aggiornamento bibliografico: recentemente abbiamo recuperato un altro articolo di “Sapere” (n. 23 del 1935) nel quale viene descritto il film a cartone animato “di prossima uscita sugli schermi italiani”: Pinocchio allo schermo (pdf, 2 pagine) nel quale sono riprodotte alcune tavole e viene descritta la tecnica di animazione. Ecco Pinocchio e Geppetto come sarebbero dovuti apparire nel cartoon: